Paintings | EnricoPusceddu.it

PAINTING Work in Progress

RISALIRE CON UN SESTANTE

ISOLE DI MARE E ISOLE DI TERRA

Ci sono isole di mare e isole di terra, isole di rumore e di silenzio, di fantasmi e di realtà. Anche la geografia possiede un suo personale campionario: in Italia, ad esempio, certamente la Sicilia e la Sardegna sono isole di mare, l’Umbra e ilTrentino sono isole di terra. Le Marche sembrano accaldate dall’Adriatico, ma se viveste tra Macerata e Camerino, vi sentireste sicuramente isole sperdute nell’Oceano di terre e terre tutto intorno …

Poi ci sono le isole moventi, noi individui di questo Mondo che fingiamo di entrare in comunicazione, con II Mondo, con l’Altro: e restiamo – per volontà o per incapacità – isolati ( … ).

Isola come monade come “io” debole e forte, individuo tenacemente ristabilito ad ogni temperia della comunicazione. Forse l’artista è una isola per eccellenza. sazio d, sé, comunica con il mondo attraverso i suoi sparuti messaggi dentro la bottiglia: le opere ( … ). Ma tutto ciò è romantico o forse semplicemente cattiva letteratura.

Ma avere qui le opere di questo giovane artista , originario dalla Sardegna, sollecita queste e altre considerazioni proprio sulla metafora dell’isola: Isola, penisola, cantone, regione, isolarsi, essere isolati, farsi isolare, violentemente essere messi da parte, rifiutati, testardamente gelosi della propria libertà, individualità, del proprio segreto della propria condizione di isola …

Enrico Pusceddu rivive a Roma quel che è stato per una miriade di altri giovani artisti: cercare di togliersi la propria condizione di isolato rimanendo fedele alla propria specifica Isola. Essere sé stessi dentro i meccanismi stritolanti di un fantastico “Sistema” che altro non è che la ripetizione di un orologio preciso sui presenzialismi a mascherare l’interiore vuoto che corrode e spegne.

Acceso nella sua saggia capacità dialettico-linguistica, questo  giovane si cimenta con una parlata tradotta prima nella figurazione e nel divenire poi, nella sua ricerca critico-artistica, implicato nella trasposizione astratta. Pusceddu è allo stesso tempo riflessivo e nervoso nell’energia che divampa dalla materia, ed è forte a rendere docile l’altrimenti scapigliata ed espressionista figura di solidificate velature.

Enrico Pusceddu nasce all’Interno di una figurazione stilisticamente tradotta da un formalismo stilistico bagnato sulle rive del Tevere, là dove nella locale Accademia della città eterna il giovane ha appreso a costruire I suoi ragionamenti critico-artistici.

L’osservazione e lo studio dell’arte a trecentosessanta gradi lo conducono ad una forma di base universalismo. L’arte per l’arte non legata come si potrebbe pensare ai canoni classici dell’arte; essa percorre tutte le fasi dell’arte; in definitiva tutta l’arte gli è strettamente connessa ispirando il movimento formale giungendo come lui stesso afferma che… “per lui, il significato dell’arte sta nell’amore per l’arte“. avranno nella precoce adolescenza di Pusceddu, fatto lampare nel cuor suo.

Il giovane artista si cimenta nella parlata rigorosa e scientifica di una emozione dettata dalla cromaticità dello spazio costruito, per rimandare ed evolversi nel suo linguaggio al rilievo scultoreo “la superficie del piano“. Campo di azione sinonimo di spazio ottico, culturale, emozionale.

L’astrattismo di Pusceddu fa l’autocoscienza davanti lo specchio della logica Informale. Pusceddu ha dato spazio e corpo alla linea della prima stagione sua, la fase della figurazione e dell’astrazione costruita sullo schiacciamento delle forme sulla superficie, perimetrando i luoghi della figura con una linea che rendeva analitico e fermo l’aureo spazio della contrapposizione cromatica, dei piani intersecanti tra di loro e nel riferimento figurale di parti anatomiche della immagine umana rappresentata e stilizzata, come arazzo di composizioni euclidee innervate da filamenti secessionisti.

Per divenire new action in questo ciclo pittorico concepisce sempre la sua arte come espressione della realtà inconscia ed espressione di emotività interiore, direi quasi poesia visiva.

Tale ricerca nel suo sviluppo lo ha condotto agli estremi della volumetria, nel decennio Novanta, costruendo alla pittura una impalcatura di materico sostrato così da aggettare dalle superfici quanto era reso piano e docile dalla precedente pittura.

Pelle screpolata, cotta terra arsa dal sole, le formelle modulari di Pusceddu hanno reso in orizzontalità l’infinito della colonna, verticale, di memoria brancusiana … Ed ecco infine la produzione ultima che rende volumetrica la luce e trasparente la materia.

Una visione più libera e poetica dell’astrazione, quella in cui Pusceddu si riconosce, basata sull’impiego ragionato e osmotico del linguaggio e delle tecniche, in riferimento agli elementi cardine del linguaggio visivo.

Sinestesie, metafore visive, espressioni di uno stato d’animo, divengono aspetti ancor più evidenti nelle opere ispirate agli “haiku“ nei quali il tramite tra fruitore ed opera diviene di primaria importanza.

Così come nell’ultima fase della sua ricerca tra memoria, parole e immagini.

Citando Charles Baudelaire, l’uomo è immerso in una foresta di simboli e questo non vale solamente per la tanto conclamata umanità contemporanea bensì per ogni epoca, basti pensare all’allegoria che appunto poteva essere letteraria e pittorica. Metafore di immagini, metafore di parole, interpretazione e traduzione.

La totalità del senso comunicativo e interpretativo, si attua  in osmotica coesione, per mezzo dell’interazione e il dialogo dei linguaggi comunicativi. Da non intendersi, come vano soliloquio, ma produttivo scambio di potenzialità, elementi e conoscenza.

“Letteratura e iconografia” una locuzione che ben interpreta il narrare concettualmente attraverso il binomio “parole e immagini“, due codici integrati in modo così aderente da costituire un unicum inscindibile, che nel suo operare da vita a un nuovo racconto immaginifico.

In itinere Pusceddu elabora un processo mentale, che scrupolosamente costruisce una raffigurazione a partire da scritti ritrovati, tramite i quali: sensi, percezioni ed emozioni, vanno a definire il  dialogo tra passato e presente, tra analisi e sintesi.

“Memoria Condivisa“ che nella sua elaborazione concettuale visiva trasla, in una nuova dimensione narrativa e poetica,  tra emotività interiore e rappresentazione esteriore.

Da questo suo imprescindibile binomio, si attua la dinamica del pensare e fare, attraverso stratificazioni di reminiscenze  che sfuggono alla coscienza dell’essere, ma che nel suo specifico lavoro vogliono porre l’accento “sul primato dello sguardo interiore “.

Controcanto  Mariano Apa e Enrico Pusceddu

 

RISALIRE CON UN SESTANTE

ISOLE DI MARE E ISOLE DI TERRA

Ci sono isole di mare e isole di terra, isole di rumore e di silenzio, di fantasmi e di realtà. Anche la geografia possiede un suo personale campionario: in Italia, ad esempio, certamente la Sicilia e la Sardegna sono isole di mare, l’Umbra e ilTrentino sono isole di terra. Le Marche sembrano accaldate dall’Adriatico, ma se viveste tra Macerata e Camerino, vi sentireste sicuramente isole sperdute nell’Oceano di terre e terre tutto intorno …

Poi ci sono le isole moventi, noi individui di questo Mondo che fingiamo di entrare in comunicazione, con II Mondo, con l’Altro: e restiamo – per volontà o per incapacità – isolati ( … ).

Isola come monade come “io” debole e forte, individuo tenacemente ristabilito ad ogni temperia della comunicazione. Forse l’artista è una isola per eccellenza. sazio d, sé, comunica con il mondo attraverso i suoi sparuti messaggi dentro la bottiglia: le opere ( … ). Ma tutto ciò è romantico o forse semplicemente cattiva letteratura.

Ma avere qui le opere di questo giovane artista , originario dalla Sardegna, sollecita queste e altre considerazioni proprio sulla metafora dell’isola: Isola, penisola, cantone, regione, isolarsi, essere isolati, farsi isolare, violentemente essere messi da parte, rifiutati, testardamente gelosi della propria libertà, individualità, del proprio segreto della propria condizione di isola …

Enrico Pusceddu rivive a Roma quel che è stato per una miriade di altri giovani artisti: cercare di togliersi la propria condizione di isolato rimanendo fedele alla propria specifica Isola. Essere sé stessi dentro i meccanismi stritolanti di un fantastico “Sistema” che altro non è che la ripetizione di un orologio preciso sui presenzialismi a mascherare l’interiore vuoto che corrode e spegne.

Acceso nella sua saggia capacità dialettico-linguistica, questo  giovane si cimenta con una parlata tradotta prima nella figurazione e nel divenire poi, nella sua ricerca critico-artistica, implicato nella trasposizione astratta. Pusceddu è allo stesso tempo riflessivo e nervoso nell’energia che divampa dalla materia, ed è forte a rendere docile l’altrimenti scapigliata ed espressionista figura di solidificate velature.

Enrico Pusceddu nasce all’Interno di una figurazione stilisticamente tradotta da un formalismo stilistico bagnato sulle rive del Tevere, là dove nella locale Accademia della città eterna il giovane ha appreso a costruire I suoi ragionamenti critico-artistici.

L’osservazione e lo studio dell’arte a trecentosessanta gradi lo conducono ad una forma di base universalismo. L’arte per l’arte non legata come si potrebbe pensare ai canoni classici dell’arte; essa percorre tutte le fasi dell’arte; in definitiva tutta l’arte gli è strettamente connessa ispirando il movimento formale giungendo come lui stesso afferma che… “per lui, il significato dell’arte sta nell’amore per l’arte“. avranno nella precoce adolescenza di Pusceddu, fatto lampare nel cuor suo.

Il giovane artista si cimenta nella parlata rigorosa e scientifica di una emozione dettata dalla cromaticità dello spazio costruito, per rimandare ed evolversi nel suo linguaggio al rilievo scultoreo “la superficie del piano“. Campo di azione sinonimo di spazio ottico, culturale, emozionale.

L’astrattismo di Pusceddu fa l’autocoscienza davanti lo specchio della logica Informale. Pusceddu ha dato spazio e corpo alla linea della prima stagione sua, la fase della figurazione e dell’astrazione costruita sullo schiacciamento delle forme sulla superficie, perimetrando i luoghi della figura con una linea che rendeva analitico e fermo l’aureo spazio della contrapposizione cromatica, dei piani intersecanti tra di loro e nel riferimento figurale di parti anatomiche della immagine umana rappresentata e stilizzata, come arazzo di composizioni euclidee innervate da filamenti secessionisti.

Per divenire new action in questo ciclo pittorico concepisce sempre la sua arte come espressione della realtà inconscia ed espressione di emotività interiore, direi quasi poesia visiva.

Tale ricerca nel suo sviluppo lo ha condotto agli estremi della volumetria, nel decennio Novanta, costruendo alla pittura una impalcatura di materico sostrato così da aggettare dalle superfici quanto era reso piano e docile dalla precedente pittura.

Pelle screpolata, cotta terra arsa dal sole, le formelle modulari di Pusceddu hanno reso in orizzontalità l’infinito della colonna, verticale, di memoria brancusiana … Ed ecco infine la produzione ultima che rende volumetrica la luce e trasparente la materia.

Una visione più libera e poetica dell’astrazione, quella in cui Pusceddu si riconosce, basata sull’impiego ragionato e osmotico del linguaggio e delle tecniche, in riferimento agli elementi cardine del linguaggio visivo.

Sinestesie, metafore visive, espressioni di uno stato d’animo, divengono aspetti ancor più evidenti nelle opere ispirate agli “haiku“ nei quali il tramite tra fruitore ed opera diviene di primaria importanza.

Così come nell’ultima fase della sua ricerca tra memoria, parole e immagini.

Citando Charles Baudelaire, l’uomo è immerso in una foresta di simboli e questo non vale solamente per la tanto conclamata umanità contemporanea bensì per ogni epoca, basti pensare all’allegoria che appunto poteva essere letteraria e pittorica. Metafore di immagini, metafore di parole, interpretazione e traduzione.

La totalità del senso comunicativo e interpretativo, si attua  in osmotica coesione, per mezzo dell’interazione e il dialogo dei linguaggi comunicativi. Da non intendersi, come vano soliloquio, ma produttivo scambio di potenzialità, elementi e conoscenza.

“Letteratura e iconografia” una locuzione che ben interpreta il narrare concettualmente attraverso il binomio “parole e immagini“, due codici integrati in modo così aderente da costituire un unicum inscindibile, che nel suo operare da vita a un nuovo racconto immaginifico.

In itinere Pusceddu elabora un processo mentale, che scrupolosamente costruisce una raffigurazione a partire da scritti ritrovati, tramite i quali: sensi, percezioni ed emozioni, vanno a definire il  dialogo tra passato e presente, tra analisi e sintesi.

“Memoria Condivisa“ che nella sua elaborazione concettuale visiva trasla, in una nuova dimensione narrativa e poetica,  tra emotività interiore e rappresentazione esteriore.

Da questo suo imprescindibile binomio, si attua la dinamica del pensare e fare, attraverso stratificazioni di reminiscenze  che sfuggono alla coscienza dell’essere, ma che nel suo specifico lavoro vogliono porre l’accento “sul primato dello sguardo interiore “.

 

Controcanto  Mariano Apa e Enrico Pusceddu

 

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